Comprendere l’acidità del caffè: cos’è e come si valuta?

Spesso si sente parlare dell’acidità del caffè, fattore che di solito viene associato ad una sensazione spiacevole e negativa, ma in cosa consiste esattamente? É realmente un difetto o piuttosto un pregio? E cosa si nasconde dietro questo aspetto di una delle bevande più amate in tutto il mondo?

In questo articolo approfondiremo tutti gli aspetti legati all’acidità del caffè, da cosa dipende e da cosa deriva, così da consumare in modo più consapevole la tazzina di caffè quotidiana.

Cosa si intende con acidità del caffè?

L’acidità è uno dei cinque gusti percepito attraverso le papille gustative presenti sulla lingua oltre al salato, al dolce, all’amaro e all’umami. Se invece analizziamo il livello del pH, la scala va da un valore da 0 fino a 14, dove il caffè è considerato acido se è pari a un valore 5.

Come qualunque altro alimento anche il caffè è caratterizzato da una propria composizione chimica specifica e da un preciso grado di acidità. In particolare ogni chicco di caffè ha al suo interno molteplici acidi, tra cui uno dei principali è l’acido clorogenico. Questi acidi sono un elemento prezioso per ottenere una bevanda gustosa, infatti sono proprio loro a rendere il caffè più complesso, oltre a svolgere un’importante azione antiossidante e antinfiammatoria, particolarmente benefica per la salute del nostro organismo.

Quali fattori influenzano l’acidità del caffè?

L’acidità del caffè è influenzata da molteplici fattori:

  • varietà: in tutto il pianeta ce ne sono più di 100, anche se quelle più conosciute l’Arabica e la Robusta;l’altitudine: ogni varietà di caffè viene coltivata ad altitudini differenti, ad esempio l’Arabica viene coltivata tra i 900 e i 2000 metri, mentre la Robusta tra i 600 e i 1000 metri;
  • terroir: comprende le tecniche agricole utilizzate dai coltivatori e le condizioni del suolo;
  • metodo di lavorazione: ve ne sono diversi, tra i più famosi troviamo lavato e naturale;
  • grado di tostatura: durante la fase di torrefazione l’esperto può individuare diversi gradi di tostatura dei chicchi;
  • estrazione: indica il metodo con cui si ottiene la bevanda finale.

Quali sono le specie di caffè più acide?

In generale possiamo affermare che la qualità Arabica è più acida rispetto alla Robusta, questo è dovuto a una serie di differenze tra queste due specie di piante.

Quindi se decidi di acquistare una miscela di caffè 100% Arabica, otterrai una bevanda con una nota di acidità più spiccata, mentre se vuoi optare per una percentuale maggiore di Robusta, il caffè avrà un gusto maggiormente amaro. Questo perché, come abbiamo accennato in precedenza, l’Arabica viene coltivata ad altitudini più elevate rispetto alla Robusta e, in generale, più si sale sul livello del mare, più il terreno diventa roccioso e ricco di sali minerali, responsabili dell’acidità del prodotto. Quindi, come accade anche con la coltivazione dell’uva per il vino, l’acidità del caffè dipende dal terroir in cui cresce. Ad esempio un caffè originario delle zone africane, come Etiopia o Kenya, sarà molto più acido rispetto a uno coltivato in Brasile o in Vietnam.

L’acidità, inoltre, dipende dal metodo di lavorazione: se viene utilizzato il metodo naturale, i chicchi vengono lasciati ad asciugare al sole, ottenendo una nota maggiormente dolce nella tazzina; se invece viene usato il metodo lavato, i chicchi vengono lasciati a fermentare in acqua per poi essere asciugati solo in un secondo momento al sole, con un risultato molto più acido.

L’acidità del caffè dipende anche dal grado di tostatura, infatti la percentuale di acidi all’interno di ogni chicco diminuisce man mano che si sale di temperatura, quindi un chicco dal colore più chiaro si presenterà molto più acido, mentre un chicco maggiormente tostato sarà meno acido, mentre prevarranno le note amare e di bruciato.

Infine, se pensiamo ad esempio ad un espresso, l’acidità del caffè varia in modo importante anche in base al tipo di estrazione. Questo significa che un caffè sotto-estratto risulterà più acido rispetto a uno sovra-estratto o estratto nelle modalità corrette.

Il motivo è molto semplice, infatti nel caffè sotto-estratto l’acqua passa con velocità attraverso il macinato e, di conseguenza, non riesce ad estrarre tutte le sostanze presenti al suo interno, prelevando solo gli acidi che sono i primi ad essere ottenuti dal prodotto e a finire nella tazzina.

L’acidità del caffè è un pregio o un difetto?

L’acidità del caffè è sicuramente un pregio e costituisce uno dei fattori più importanti per determinare la complessità e il carattere di questa bevanda.

Un livello corretto di acidità dona freschezza al nostro caffè, ma è importante sottolineare che l’acidità non deve mai superare i livelli che rendono godibile questo prodotto, soprattutto nel caso in cui risulti troppo pungente.

Il produttore deve essere quindi in grado di bilanciare le note presenti in ogni chicco di caffè, equilibrando con note più dolci, come quelle della frutta, o con note tostate, come quelle di cioccolato e caramello.

Di conseguenza durante la torrefazione è indispensabile prestare la giusta attenzione per ottenere un prodotto unico e profumato, in cui gli aromi del caffè possono essere esaltati al massimo.

Di solito ciò viene ottenuto con una tostatura media, poiché se i chicchi sono troppo chiari le note acide saranno troppo spiccate, mentre se la tostatura è prolungata si rischia di ottenere un caffè eccessivamente amaro, tanto da coprire gli altri aromi.

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